Quando la prima volta ho visto la vigna con un amico agronomo ho subito capito che c’era qualcosa di speciale di fronte a me. Siamo in uno dei punti più alti delle colline di Serra de’ Conti, una zona molto aperta e sempre ventilata anche nei giorni più caldi, una zona ove, a detta dei più anziani del luogo, c’è sempre stata la vigna, con un panorama mozzafiato di fronte che lascia vedere gli appennini dal Pesarese fino al San Vicino. La prima cosa a cui si pensa guardando quegli spazi enormi con orizzonti così lontani è alla libertà, a quel che vedon gli occhi di un uccello in volo , di qui il nome Terralibera.
Sette Ettari impiantati nel 2002, corpo unico su tre distinti versanti di due colline adiacenti con diverse esposizioni. La parte a sinistra della strada di entrata e costituita dai crinali di due colline che si incontrano, una con le vigne che guardano ad Ovest e Sud-Ovest e l’altra esposte a Sud, 5,50 Ettari con un’altezza che va da 325 a 250 metri. A destra invece il corpo più piccolo sul fianco opposto della collina con esposizione Nord-Ovest, 1,38 ettari di una sola particella catastale la 140 del foglio 17 di Serra de Conti, una vigna che ho scelto di vinificare sempre separatamente da tutto il resto, ricca di vene d’acqua e fresca anche d’estate, confinante con un grande bosco di proprietà che arricchisce la biodiversità del luogo. Due vigneti che pur in un unico corpo presentano notevoli differenze per esposizione, altezza e suolo. Partendo da terreni argillosi e pesanti in cima, ad un impasto medio con vene sabbiose in centro e sabbia nelle parti più basse con grosse pietre tufiche ricche di calcare che danno sapidità, freschezza, mineralità e conseguente longevità al vino che si produce.
La mia filosofia, in perfetto allineamento con quella del mio enologo Claudio Caldaroni che segue anche la parte agronomica, è quella di intervenire il meno possibile sull’ambiente, sull'uva, sul mosto e sul vino per esprimere al meglio il terroir e dare al consumatore un prodotto che rispetta la vigna da cui è venuto.
Fin dal primo giorno dopo l’acquisto del vigneto siamo passati ad un regime di conversione biologica con basso impatto ambientale e minimi interventi possibili di rame e zolfo. La vallata aperta di fronte e la notevole esposizione ai venti della vigna aiutano molto nella gestione in bio che è supportata con qualche pratica presa dalla biodinamica. L'utilizzo di infusi e decotti di alghe, ortica, equiseto e pratiche sperimentali che prevedono l'impiego di trattamenti fogliari a base di lieviti specifici volti alla bioregolazione microbiologica in vigneto. L’arricchimento del terreno avviene esclusivamente con la pratica del sovescio con utilizzo misto di leguminose e cereali. Ma dire biologico può non esser sufficiente se la pratica non è supportata da un progetto di sostenibilità e di massimo rispetto per l’ambiente, per questo motivo in vigna è assolutamente bandito l’uso della plastica e tutti i materiali di legatura sono biodegradabili Il terreno è lasciato sempre inerbito per aumentare la biodiversità e salvaguardare il suolo dall’erosione, anche gli sfalci dell’erba sono limitati a uno o due all’anno e le siepi ed il bosco confinante sono lasciati liberi di esprimersi secondo natura e son un ottimo rifugio per la fauna selvatica.
“Credo che avere la terra e non rovinarla
sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare”
Andy Warhol
La mia scelta è stata fin da subito quella di vinificare separatamente i due corpi del vigneto separati dalla strada di ingresso vista la differenza dei terreni e delle esposizioni. La volontà è quella di fare vini di vigna che esprimano perfettamente non solo l’area da cui provengono, ma addirittura il singolo vigneto o la particella catastale, scelta di artigianalità contrariamente a quanto accade per le produzioni massali.
Ogni vino è un cru per dirla alla francese ed ogni etichetta è un disegno della bravissima Francesca (@ioenina) della vigna da cui provengono le uve proprio per evidenziare la scelta.
Lavoriamo in sottrazione, cercando di intervenire il minimo possibile e facendo solo il necessario. Le uve sono rigorosamente raccolte a mano con una selezione in campo e portate subito alla cantina che dista circa 3 KM, lì sono immediatamente diraspate e pressate onde evitare prefermentazioni indesiderate. Partire da uve perfettamente sane ed integre è indispensabile. Segue una pressatura soffice e l’utilizzo solo di mosto fiore. A poche ore dalla pressatura i mosti tenuti a freddo vengono chiarificati per decantazione, questa prassi rende la fermentazione più lunga e più complessa, ma in compenso evita il rischio di difetti e l'uso di solfiti fino all’imbottigliamento. La fermentazione a temperatura controllata di 18 gradi Celsius è spontanea con utilizzo di Pied de Cuve selezionate da ogni singola vigna e si protrae per diversi giorni fino all’esaurimento degli zuccheri, quando con la poca residua anidrite carbonica di fine fermentazione si saturano i serbatoi di acciaio inox. Seguono poi alcuni mesi di affinamento sulle fecce fini con periodici batonnage. Fino a Febbraio quando si procede alla stabilizzazione tartarica portando la vasca a -4 °C. cui segue un travaso, la pulizia della vasca, e la reimmissione del vino nel serbatoio con per la prima volta fin dalla vendemmia una minima aggiunta di solfiti per garantire la stabilità del prodotto. A marzo o aprile si procede all’imbottigliamento ed al successivo affinamento per due/tre mesi minimo.
Il vino non vien fatto dalla natura, è piuttosto l’uomo che fa il vino secondo natura.